andreas zampella

Il lavoro indaga il rapporto tra realtà e rappresentazione, in una continua messa in discussione delle formule che questo binomio crea e mette in azione nella società. Da quest’analisi deriva la necessità di concepire opere che siano esse stesse rappresentazione, che esprimano una consapevolezza del reale ammettendo il fallimento della comunicazione nella contemporaneità.
Le mie opere sono dunque antitetiche alla diffusione di un messaggio, vivono una condizione costante di artificialità, refrattarie allo scambio con l’esterno, ma sono allo stesso tempo in grado di auto-presentarsi allo spettatore, divenendo un ponte tra performance e oggetto, spettacolo e realtà.  Come soglie, o usci semi aperti, esse oscillano in condizioni a limite tra stanchezza e ansia, lamento e accusa, obbligo e noia, individuo e società, e lo fanno in modo indolente, ipocrita, nel paradosso del reale.
In questo contesto, i quadri divengono scenografie per azioni e non-azioni, metafora di chi li osserva; gli strumenti, oggetti di scena la cui funzione cambia, si evolve, si scopre facendosi; le sculture di carne gli attori, in potenza e in azione che, come ascessi della body art, portano con sé la forza distruttiva della carne, ma trapassano nella potenza statica dell’immaginazione.
Questa mistificazione, ciò che l’attore/spettatore vive, è lo spettacolo del reale, durante il quale egli è circondato solo dal tempo.

ANDREAS ZAMPELLA

born in Salerno (IT) 1989.

2008 – 2009 
Accademia di Belle Arti di Napoli: Diploma di primo livello in Pittura 

2011 – 2012
Accademia di Belle Arti di Napoli: Diploma di secondo livello in Scultura

HIGHLIGHTS

Group exhibitions  2018 
Incerta et.cetera, a cura del Collettivo Curatoriale del LUISS Master of Art, Fondaco, Roma
La colonia non esiste, a cura di Gianluca D’Inca Levis, Dolomiti Contemporanee, Borca di Cadore

Andreas Zampella parte da un punto comune a molti artisti: lo stravolgimento dei canoni dell’Accademia. Il problema è che la quasi totalità degli allievi delle Accademie, condizionati da un’ossessiva ricerca del consenso, tentano di fare i ribelli per forza, ritrovandosi poi a fare i conti con la propria scontatezza, se non con la mediocrità. Andreas ha capito invece che non è il consenso ciò di cui ha bisogno un artista. Capendo questo, dipinge qualcosa di perverso e distorto, di sbagliato se vogliamo, senza badare al gradimento o all’approvazione. In quanto artista si spoglia di qualsiasi tipo di idea o concetto, e lavora solamente attraverso una tendenza innata e naturale. Le sue opere rinunciano al contesto, lasciando spazio all’interpretazione inerente alla nostra natura più intima e facendo esplodere gli elementi più connaturati nella condizione umana: la noia, la sopraffazione, l’odio, la violenza, il sesso. Questo è l’àmbito a disposizione dell’uomo, la sfera in ci la società contemporanea ci costringe a vivere sempre più indolenti, disincantati, accidiosi. Infatti, i soggetti di Andreas Zampella ci caricano di ansietà, di tensione, perché ci privano del confort della sicurezza. Uomini e donne deformi e innaturali, che come tutte le cose che spaventano allo stesso tempo affascinano e contagiano, e ci spingono a ricercare una qualche somiglianza con noi stessi. Queste figure navigano in un limbo, in uno stato di nebulosità e vaghezza, a volte rassegnate nel loro sconforto, altre inconsapevoli persino di esistere. Ma anche i mostri divoratori sembrano predatori ormai stufi e carichi solo di cinismo. Ed è qui che mi viene in mente Emile Cioran quando diceva “talvolta si vorrebbe essere cannibali, non tanto per il piacere di divorare il tale o il talaltro, quando per quello di vomitarlo”. Persino dal punto di vista cromatico Zampella sembra voler rimanere sfuggente, non lasciandosi contaminare dalle teorie accademiche, e usando il collage in modo originale, isolando ulteriormente i soggetti dei suoi dipinti. La forza del lavoro di Zampella, accentata ancora di più dalle grandi dimensioni dell’opera, rendono questo catalogo più inutile di altri: non sfogliatelo perché queste opere sono sono riproducibili, vanno viste dal vivo. 
NIcolas Ballario, 2017

Ricércàti, 2018
video mapping analogico nel bosco, Dolomiti Contemporanee
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