in collaborazione con
Museo Carlo Zauli
Gallleriapiù
La mia ricerca nasce da una fascinazione per spazi ed immaginari che mi circondano.
Esperienze vissute e ambienti attraversati si fondono creando elementi di un presente parallelo dissestato e provvisorio. Brandelli ed escrescenze di realtà con le quali vengo a contatto sono innalzate e poi fatte collassare in un continuo cortocircuito. Rileggo diversi elementi che provengono sempre da un paesaggio comune tramite l’utilizzo di molteplici tecniche e materiali, trovandone una dimensione propria tra reale e verosimile.
Le opere molto spesso nascono da azioni performative che fungono da disegni preparatori, nelle quali il corpo impatta con elementi che popolano il paesaggio. Ibridazione si aggiunge ad ibridazione creando la visione mai completa di narrazioni possibili all’interno del quotidiano. Scenari metropolitani, film di genere e background personali convivono nell’immagine frantumata di un mondo futuribile
MARCO CERONI
vive e lavora a Milano
studi
2011
Diploma di I grado in Pittura, Accademia di Belle Arti, Bologna
2014
Diploma di II grado in Arti Visive e Studi Curatoriali, NABA, Milano
Shooting at Museo Carlo Zauli / Photo: Stefano Maniero / Courtesy: GALLLERIAPIÙ
Forse in una notte quieta il vibrare di tamburi lontani. Un suono arcano, seducente, e selvaggio. Avevo nelle narici l’odore del fango, del fango primordiale. Il margine di una giungla immensa, d’un verde così cupo da sembrare quasi nero, bordato dalla bianca risacca, correva via dritto come una linea tirata con la riga, perdendosi lontano. Eccola davanti a te, invitante, maestosa, squallida, insignificante oppure selvaggia, e sempre muta con l’aria di bisbigliarti: vieni a esplorare.
Riuscivo a distinguere nettamente il rumore della metro scorrere sotto di noi, quella notte. Un rimbombo cavernoso, viscerale, e cadenzato, si arrampicava fino al livello del suolo facendomi vibrare le ossa. L’aria densa e stagnante aveva creato una cappa che non sembrava spostarsi né avanzare, ergendosi tutto intorno come una cosa solida. Avevamo imboccato l’interminabile viale che solcava il cuore di quell’estremo lembo di città, marcandone i confini. Potevi vederlo fluire solo a tratti, con le sponde ininterrottamente bordate dai dissuasori metallici, anse monotone tutte esattamente uguali. Aveva una fornita collezione, nel suo garage, di quei totem. Sapevo di dover prestare una spietata attenzione a quei banali tentativi di ornamento, oltre ai normali incidenti della superficie. Ormai per noi il quartiere non era più uno spazio in bianco sopra il quale, da pischelli, facevamo sogni stupendi.
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Testo di Alessandro Ossani
liberamente tratto da Heart of Darkness di J. Conrad
in occasione della mostra SQUAME (Museo Carlo Zauli, Faenza)